“AnimAzioni” è uno spazio dedicato ai racconti di vita vissuta, dove ogni vicenda, ogni percorso, ogni spettacolo e improvvisazione diventa un tassello che contribuisce a costruire il nostro universo esperienziale. In questa sezione, le storie si intrecciano, portandoci in luoghi lontani e vicini, attraverso momenti di riflessione e azioni spontanee, che ci parlano di crescita, scelte e trasformazioni.
Ogni esperienza è unica, ma tutte sono legate dalla stessa forza che anima il nostro cammino. Qui, le azioni diventano l’anima di chi siamo, raccontando di cambiamenti, sfide e opportunità che hanno lasciato un’impronta su di noi e sulle persone che abbiamo incontrato. Lasciati ispirare dalle storie di chi ha osato vivere senza paura di improvvisarsi, di mettersi in gioco, di scoprire nuovi orizzonti..
Era una giornata come tante (nel senso che le nuvole coprivano il cielo, che novità!), eppure qualcosa mi spingeva a fare una visita al Museo Egizio di Torino. Un viaggio nel cuore della storia antica, con l’idea che, più o meno, mi sarei trovato a camminare tra mummie e sarcofagi, a imparare qualcosa di nuovo. Ma, come spesso accade quando si intraprende un’avventura, le aspettative e la realtà si incrociano in modo… interessante.
All’ingresso, il primo colpo d’occhio mi fa capire che non sono più nel museo che ho imparato a conoscere leggendo, per settimane, articoli di ogni genere. Le sale sono state riorganizzate, e la sensazione che mi pervade è quella di un museo che non solo racconta storie, ma che, ora, invita a vivere un’avventura: un percorso più fluido, come una strana danza tra passato e presente (con il rischio davvero concreto di tornare al punto di inizio e ripercorrere le stesse sale più volte). Un po’ come un egizio moderno che mi sussurra “Benvenuto nel futuro… del passato”.
Con il biglietto in mano, mi avvio in direzione di quella che doveva essere la prima sala. Ma, ahimè, come in un gioco di società, mi perdo subito. “Ok, partiamo bene!”, penso, mentre inizio a girare tra sale e vetrine piene di reperti misteriosi e straordinari. In fondo, nulla di più egizio che un po’ di caos organizzato. Trovo una tomba (forse un po’ troppo grande per essere una tomba?) e un paio di statuette che mi guardano intensamente, ma senza mai spiccicare una parola, e decido che non è il caso di disturbarle.
Mi fermo per un po’ a osservare una mummia: il suo viso, immutato nel tempo, ma il suo sguardo è quello di chi sa che io non ho idea di come si chiama, ma continua a osservare me. Le sue bende sembrano parlare più di me che di lui. Come sarebbe stato essere vissuto in un’epoca così lontana? Ma, più che rispondere a questa domanda, decido che è ora di andare avanti. E così continuo il mio viaggio.
Arrivo alla sala delle sculture. I faraoni sono imponenti e quasi minacciosi con il loro sguardo fisso. In qualche modo, sento il peso della loro potenza, ma allo stesso tempo mi rendo conto che sono lontanissimi nel tempo e nello spazio. Non posso fare a meno di sorridere, pensando che forse l’unica cosa che mi accomuna a questi colossi è la mia tendenza a lasciare tutto in disordine dopo una giornata di lavoro.
Alla fine, arrivo in una sala particolarmente suggestiva. La luce soffusa crea un’atmosfera magica, mentre un sarcofago mi chiama (o forse è la mia curiosità che lo chiama?). In quel momento, sento il mio lato più riflessivo emergere, ma al contempo, sono colto da un’irresistibile voglia di fare una battuta. “Se entro nel sarcofago, mi troverò a rivedere il mio futuro o solo a prendere una lunga pausa dal mondo moderno?”, mi chiedo, sorridendo tra me e me.
Ecco, forse è proprio questo che rende il Museo Egizio un’esperienza unica: la meraviglia di essere circondati da oggetti di incredibile bellezza e potenza storica, ma anche la leggerezza con cui riesci a vivere il tutto, come se ti stessi muovendo tra le correnti del tempo, con una battuta in mente e un sorriso sulle labbra.
Concludo la mia visita al Museo Egizio con la sensazione che la storia sia un po’ meno lontana, e un po’ più vicina, mentre esco tra le strade di Torino. Mi chiedo se, nel futuro, qualcuno racconterà anche di me, con un sorriso e una curiosità che non smette mai di esplorare