L'origine incerta - Le forme della materia.

“Tutta la mia vita è in un giorno, e un giorno è in tutta la mia vita.”


 

Qualsiasi comunità prevede ruoli, identità, gerarchie.
E non si può infrangerle,
se non sottraendosi del tutto.

Disgraziata forma di convivenza, la comunità.
Anche quella minuscola,
quella che si nasconde tra i margini della città,
tra sconosciuti che condividono appena il tempo.

È lì che i desideri si addomesticano,
si rannicchiano come animali fiaccati.
Ed è lì che vanno a morire.


 

Si avvicina un uomo, piccolo, rapido.
Parla.
Non smette.

Un flusso di sciagure,
una lista di rovine
che scorrono come un veleno.

“Io ero qualcuno. Adesso niente. Bastardi. Bastardi tutti.”

Ogni parola è uno sputo,
un’eco che si aggroviglia al terrore.

Non per i suoi racconti.
Ma per il bisogno disperato di essere ascoltato,
e maledettamente ignorato allo stesso tempo.


 

Mi allontano.
La metropoli pulsa,
suda angoscia e terrore.

La porzione di cielo si restringe.
Ci viene venduta come promessa,
ma è solo un’altra trappola lucente.

L’energia è dentro di te!
Ci dicono.
Ma non sanno cosa dicono,
né a chi, né perché.

No.
Io non ho energia.
Io sono dentro qualcosa che mi usa.
Io sono l’attrito.
Io sono il resto.


 

Sento piccole bombe chimiche esplodere tra i tessuti,
memorie nervose che non ho scelto.

Ricordo un volto.
Mi ispirava ribrezzo.
Non morale,
non etico —
solo un rigetto del sangue.

Poi il volto si è disgregato.
Letteralmente.
Un incidente, una distrazione.
Una casualità che ha esaudito un pensiero.
La dissoluzione come liberazione.


Cerco un bagno.
Chiudo la porta.

Il gesto che segue
è privato, animale,
una scarica per annullare l’eccesso,
come un rituale sporco e solitario
che cancella il pensiero.

Bontà senza confini?
Prima il piacere.



Il mio regno è la mediocrità.
E io ne sono il sovrano.

Medio in tutto: peso, altezza, talento.
Tutto nel mezzo.
Un equilibrio tragico.
Un movimento costante verso il nulla.

So già che sarà una vita ordinaria.
E questa premonizione è peggiore del fallimento.
È il suo contrario.



In un mondo dove anche i santi ti pugnalano
con le braccia spalancate,
mi limito a osservare.

Tutti parlano.
Tutti ripetono.
Tutti confessano.

“Andrà tutto bene vedrai.”
“Andrà tutto bene vedrai.”
“Andrà tutto bene vedrai.”



Ma nulla va bene.
E non va male.
Va così com’è, e basta.



Che angoscia.
Questa quotidianità identica a se stessa.
Una cerimonia silenziosa.
Un rito distribuito su larga scala.

La tristezza è il solo vero dono.
Un dio piccolo e meschino
ce l’ha lasciata in eredità.

E noi la onoriamo.
Ogni giorno.



Tutta la mia vita è in un giorno.
Un giorno è in tutta la mia vita.


Chi si salva?
Chi si accorge?
Chi racconta?



Io no.
Io non vedo.
Non più.

Nemmeno la trama,
nemmeno le cause.
Nemmeno il modo in cui tutto questo
ha prodotto
questo me.

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