
“Il desiderio… è un veleno che corrode, lentamente, senza sosta.”
“Era qualcosa di puro, qualcosa che sognavo e cercavo. Ora è diventato la mia condanna. La putrefazione del desiderio, mi condanna. Ogni istante passato a cercarlo mi ha consumato, eppure continuo a inseguirlo, come se fosse l’unica cosa che mi dà vita. Non posso lasciarlo andare, non posso rimanere vuoto. Eppure, la sua presenza è come una ferita che non smette mai di sanguinare.”
“Ti ho lasciato andare via, ti ho visto sparire, ma non è stato un atto di liberazione. No. È stato un gesto che ha prolungato la mia tortura. Perché lasciare che tutto vada via significa solo lasciar morire una parte di me.”
“E ora, ogni ricordo che ho di te è impregnato di sofferenza, di quella stessa sofferenza che ho tentato di evitare, ma che ora fa parte di me, fa parte del mio corpo, del mio essere.”
“Eppure non riesco a liberarmene.”


“Questo desiderio, questa ossessione, non è qualcosa che posso semplicemente cancellare. È radicato dentro di me, come una parte del mio stesso sangue, della mia stessa carne. E in fondo, forse non voglio davvero liberarmene. La sofferenza è mia, l’ho scelta. È la mia condanna e la mia ricompensa. Non c’è redenzione, non c’è salvezza, solo il desiderio che continua a vivere in me, che continua a esistere, anche quando tutto intorno a me muore.”
“So chi siamo. Non possiamo essere altro che ciò che siamo diventati. E forse è questo che mi fa paura di più: la consapevolezza che, alla fine, sono prigioniero di me stesso.”